Al centro storico, una via per Ipazia, matematica e filosofa martirizzata
di Simona Vitagliano
A 1600 anni dalla sua morte sia Roma che Napoli si sono attivate per dedicare a questo importantissimo personaggio storico, per noi ancora tanto misterioso sotto alcuni punti di vista, una piazza e una strada.
A Napoli in particolare, si tratta di una Via a lei intitolata sita nel centro storico.
Nell’ambito dei nuovi cambi di toponomastica degli ultimi periodi, dalle scale dedicate a Massimo Troisi alla Via dedicata a Pino Daniele, quest’altra decisione ha connotati differenti perchè riguarda un personaggio non appartenuto a “Napoli” in senso stretto, ma importante a livello storico, scientifico e umano.
Ipazia infatti è nata ad Alessandria d’Egitto nella seconda metà del IV secolo, verso il 350, da un filosofo e geometra (Teone) a capo della Scuola Alessandrina, di cui lei stessa diventerà mentore legittimamente, giovanissima.
Erano gli anni in cui il paganesimo cominciava ad essere punito con “santi interventi” di alcune cricche di cristiani, così santi da prevedere anche lapidazione e morte, con la disapprovazione di altri gruppi di appartenenti allo stesso culto religioso, che non rivedevano in questo modus operandi la parola del proprio Dio.
Si legge su di lei: «possedeva l’insolita combinazione di interessi teorici e interessi pratici che doveva rivelarsi così feconda un migliaio di anni più tardi. Fino agli ultimi anni della sua esistenza, la Scuola alessandrina godette di piena libertà di pensiero, elemento essenziale per il fiorire di una cultura e fece compiere importanti passi avanti in numerosi campi che dovevano diventare fondamentali nel Rinascimento: la geometria quantitativa piana e solida, la trigonometria, l’algebra, il calcolo infinitesimale e l’astronomia».
Ipazia si interessava di filosofia e matematica ma in particolare di astronomia, e costruì un astrolabio, un planisfero ed anche altri strumenti di rilevanza scientifica come l’idroscopio, utile per pesare i liquidi.
Socrate Scolastico scrive di lei:
« Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale »
Ipazia fu tra i primi precursori della teoria eliocentrica, poichè la sua incredibile mente scientifica riuscì a capire che nella teoria Tolemaica geocentrica c’era qualcosa che non andava; poteva essere considerata “un’ipotesi” da studiare, ma non una realtà e questo, insieme alla sua laicità e al suo modo anticonvenzionale di vivere la scienza, non era ben visto da tutti.
Il suo carattere ribelle si manifestava anche nelle lezioni che teneva per strada, a chiunque volesse ascoltarla, quando con i decreti teodosiani tutti i templi dedicati ai culti pagani vennero demoliti, portando via tutta una cultura a cui Ipazia apparteneva e che quindi difendeva con tenacia con i propri strumenti (la disobbedienza a questo provvedimento veniva punita con la morte per “legge”).
Con la scusa di alcuni (falsi?) intrighi politico/religiosi si decise che Ipazia doveva morire, poichè aveva contatti con un uomo, anch’esso condannato a morte per divergenze di culto.
In realtà quello che si tramanda è il fatto che Ipazia fosse un personaggio scomodo, oltre che con un gran seguito, e che questo rodesse a chi occupava la carica episcopale al momento.
Senza contare che la cultura che diffondeva la donna nelle sue lezioni era “atea” e priva di qualunque riferimento alla religiosità e a temi affini. Ipazia era una scienziata.
La bella astronoma venne trascinata da un gruppo di fanatici cristiani giù dal carro a bordo del quale si trovava mentre ritornava a casa, venne denudata e lapidata con conchiglie appuntite fino a farla a brandelli. Mentre ancora respirava flebilmente le vennero cavati gli occhi. I suoi brandelli poi furono raccolti e bruciati e di Ipazia, così, non rimase alcuna traccia se non la memoria che abbiamo, ad oggi, della sua storia.
E’ quindi un immenso onore avere nella nostra città una via dedicata a lei, alla sua vita e al suo martirio.
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