La genovese: un must della cucina napoletana
di Annina D'Ambrosio
La “genovese” è uno dei piatti più celebri della cucina partenopea. Insieme al tradizionale ragù napoletano, la pasta alla genovese è il piatto domenicale per eccellenza, ideale da preparare durante il periodo autunnale e invernale ma, per la sua bontà, si fa amare e gustare in qualsiasi occasione! Per chi non lo sapesse, a Napoli con “genovese” si intende “il sugo alla genovese”, cioè la densa salsa ottenuta cuocendo a fuoco molto lento la carne insieme a una gran quantità di cipolle. Così come per il ragù classico napoletano, anche per il sugo alla genovese la chiave è il tempo: deve cuocere molto a lungo, poche semplici regole per un risultato più che soddisfacente!
Viene subito da domandarsi come mai un piatto della tradizione culinaria napoletana rimandi alla città di Genova. Ebbene, circa l’origine di questo gustoso piatto ci sono diverse ipotesi.
Secondo alcuni è riconducibile ai marinai genovesi che, sbarcando a Napoli nel XVIII secolo, vi portarono le loro tradizioni alimentari. Ma c’è anche l’ipotesi che le origini risalgano al XV secolo, al periodo aragonese; la zona portuale di Napoli era colma di osterie e, tra i piatti che venivano serviti, ce n’era uno molto particolare, preparato da cuochi genovesi, in cui si preparava la carne con la cipolla, ottenendo un gustoso sugo per condire i maccheroni. Ancora oggi a Genova si consuma un piatto a base di carne tagliata a grossi pezzi insieme a carota, sedano e cipolla: “‘u Tuccu“. Si racconta anche che ad inventare questa deliziosa pietanza fu un cuoco napoletano, chef di una delle migliori trattorie di Napoli, che era soprannominato “‘o genovese“.
Certo è che questo celebre sugo è citato sia ne “La Cucina Napoletana” di Vincenzo Corrado del 1832 sia ne “La Cucina teorico pratica” del 1839 di Ippolito Cavalcanti, che lo definì “il raguetto” per le sue origini umili.
Per una genovese come Dio comanda ci sono piccoli, importanti accorgimenti: innanzitutto, la cipolla da preferire è quella ramata, la migliore è quella di Montoro (in provincia di Avellino), molto diffusa in Campania; il composto di cipolla va cotto a lungo e va mescolato di continuo, fino quasi a sciogliersi e a diventare una crema bella densa. Altro ingrediente fondamentale è la carne, esclusivamente bovina, che può variare dai tagli meno nobili al “lacierto” (il girello), la “colarda” (lo scamone), il muscolo dello stinco o la locena. Cosa importante è che la cipolla deve essere, in quantità, circa il doppio della carne, ad esempio per 1,5 kg di carne sono necessari 3 kg di cipolle. Ad insaporire il sugo: sedano, carote, un bicchiere di vino bianco, olio extra vergine d’oliva, sale, pecorino e tanto pepe nero. Per un sugo eccellente occorrono circa 5-6 ore di cottura. Relativamente alla scelta della pasta, la tradizione vuole la pasta corta: in primis gli “ziti” spezzati rigorosamente a mano, oppure candele, mezzani, penne e rigatoni cotti al dente.
Buon appetito!
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