Made in Naples: il genio creativo che rende
di Sara De Rosa
Quando un napoletano incontra uno straniero all’estero si sente dire due cose: “pizza” e “vedi Napoli e poi muori”. E, del resto, è innegabile che l’immagine di Napoli nel mondo sia indissolubilmente legata al mito della buona cucina e alle bellezze naturali del posto, tanto che si pensa che, una volta vista Napoli, si possa anche morire.
Certo, è una bella metafora, come se questa città potesse dare pace e abbellire anche la morte. Eppure Napoli è anche storia di vita vissuta e, inspiegabilmente, se ne parla davvero poco. Perché se è vero che a Napoli si mangia bene, si dice anche che a Napoli si vive male; luogo comune senz’altro dovuto all’immagine di un’economia ritenuta poco competitiva e alle orde di giovani napoletani che cercano lavoro all’estero. Ebbene, in questo panorama di “desolazione” socio-economica, vi vogliamo offrire un’altra immagine di Napoli, poco conosciuta: la Napoli che produce e compete.
E lo faremo ripercorrendo la storia di due marchi tipicamente napoletani: Marinella per la sartoria e Arte Ferrigno per l’artigianato.
Marinella: una storia che parte da lontano e guarda al futuro
Correva l’anno 1914 quando Eugenio Marinella decise di aprir bottega in Piazza Vittoria sulla Riviera di Chiaia, una posizione che si rivelò strategica, permettendo ad una botteguccia di soli 20 mq di diventare il punto di partenza di una storia di successo tutta napoletana. Il lungomare era, infatti, il luogo preferito dai nobili per passeggiare e ciò, unito allo spirito imprenditoriale di Eugenio – che aveva preso contatti con forniti londinesi – contribuì a creare un piccolo angolo d’Inghilterra nella città napoletana. All’epoca, infatti, lo stile british era molto “alla moda” e Marinella ne colse l’occasione, proponendosi quale unico punto vendita dei prodotti esclusivi provenienti da Londra.
Il “fiuto” di Eugenio si rivelò, poi, essenziale per la sopravvivenza del marchio quando gli avvenimenti storici minacciarono di far naufragare l’impresa: le due guerre mondiali, il declino dell’antica nobiltà e la comparsa della nuova borghesia, nonché l’avvento dei prodotti americani, non furono sufficienti a scoraggiarlo; anzi, fu proprio allora che Eugenio decise di interrompere la produzione di camicie, inizialmente preferita e più redditizia, in favore della cravatta, che diventò cosi il fiore all’occhiello della casa Marinella.
La vera ripresa risale agli anni Ottanta quando i prodotti Marinella cominciarono a vantare uno sponsor di primo piano, Francesco Cossiga. Il Presidente, infatti, aveva preso l’abitudine di portare in dono ai capi di Stato una scatola contenente cinque cravatte Marinella contribuendo, così, a far fare al marchio il giro del mondo.
La passione per la moda e il successo del marchio passa oggi attraverso la terza generazione della famiglia, guidata da Maurizio Marinella che ha saputo raccogliere l’antica eredità di famiglia dandole un’impronta innovativa, in linea con le moderne leggi del marketing.
Insomma, quelle cravatte “napoletane veraci” e al tempo stesso “very british” sono il simbolo di un successo nostrano oggi rappresentato da Maurizio Marinella, vincitore del prestigioso Premio Leonardo Qualità, ricevuto nel 2011 dal capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Arte Ferrigno: la dinastia dell’arte presepiale
La famiglia Ferrigno è al servizio della storia e dell’arte presepiale napoletana dal lontano 1846; infatti di padre in figlio, dal bisnonno Carmine, nonno Salvatore e papà Giuseppe, quest’azienda a conduzione familiare ha scavato un solco nel cuore di Napoli, nell’iconica San Gregorio Armeno.
Si tratta, insomma, di una famiglia di artisti che ha contribuito a portare l’attività presepiale napoletana a livello internazionale, a partire soprattutto dagli anni ’50 quando Giuseppe Ferrigno cominciò a modellare pezzi di gran pregio che varcarono i confini nazionali, arricchendo le collezioni dei regnanti esteri, che gli conferirono meritati riconoscimenti internazionali, finendo sulla prestigiosa rivista americana “Life”.
Dal 1980 anche il figlio Marco si avvicinò all’attività di famiglia diventando così il fortunato e buon erede del testamento artistico del maestro Giuseppe; l’azienda oggi è guidata proprio da Marco, affiancato da soli quattro esperti collaboratori.
Le opere Ferrigno, i caposcuola della terracotta napoletana, sono perlopiù ispirate al Settecento Napoletano. Marco, come suo padre Giuseppe, predilige ancora i personaggi storici dell’arte tradizionale come Benino, il pastore eternamente assonnato, e Ciccibacco, personaggio alticcio e strampalato. Eppure alla tradizione si coniuga la novità: da Papa Francesco all’ultimo acquisto del Napoli, ogni opera firmata Ferrigno è un autentico capolavoro.
Non è certo una coincidenza, infatti, che dai Ferrigno siano passati personaggi del calibro di Juan Carlos di Spagna, ai tempi di Giuseppe, e, nei tempi più recenti, il maestro Pavarotti, l’ex Presidente Scalfaro e il grande Lucio Dalla.
Come dicevamo, Napoli è anche storie di successi e lustro, dimostrazione tangibile della forza del genio creativo tradizionale che resiste alle innovazioni e anzi le fa proprie, coniugando innovazione e tradizione in un binomio felice e produttivo.
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