O’ sanzar’: anatomia di un mesterie
di Sara De Rosa
Arrangiarsi è un’arte e a Napoli lo sappiamo fare bene.
In effetti il popolo napoletano è conosciuto nel mondo per la capacità di arrangiarsi, quella fortunata dote di trarre il meglio dalle situazioni più grigie.
Qualche tempo fa l’ex ministro Fornero, nel tentativo di risolvere il grave problema della disoccupazione, disse che i giovani che non trovano lavoro possono sempre inventarselo.
Ebbene, nonostante l’apparente portata rivoluzionaria di questo consiglio, a Napoli ci eravamo già arrivati da tempo. Vantiamo, infatti, vecchie arti e antichi mestieri che altro non sono se non il frutto dell’inventiva di un popolo laborioso e fantasioso.
Fra le tante, una delle figure più iconiche resta senza dubbio quella del “sanzaro”.
‘O sanzaro – in italiano il sensale – si può descrivere come un mediatore in affari, una sorta di intermediario tra venditore e acquirente nell’avvio, definizione e stipulazione di contratti di vario genere.
Il sensale napoletano, però, oltre a procurare affari, case e terreni, era anche un Cupido a pagamento, pragmatico combinatore di felici e prolifici matrimoni.
Nonostante sia nota soprattutto nella cultura napoletana degli ultimi secoli, la figura del sensale ha origini antichissime risalenti ai popoli arabi e persiani, presso i quali era conosciuto come “simsar” o “sapsar”, per poi diventare presso i greci e i romani il “proxenèta”. Insomma, nelle sue varie sfumature, il sensale poteva essere tanto un mediatore in affari commerciali quanto un intermediario di matrimoni e conciliatore di dissidi familiari.
Si trattava, dunque, di una figura versatile e onnipresente con la soluzione a portata di mano per i problemi più disparati tanto che, già al tempo dei romani, il sensale ottenne riconoscimento giuridico. Successivamente, nell’epoca dei Comuni, grazie al rapido incremento dei commerci, l’attività del sensale divenne indispensabile per agevolare le contrattazioni assumendo, perciò, il rango di pubblico ufficiale. Nel 1866, con la nascita del Codice di Commercio del Regno d’Italia, i sensali vennero distinti in due categorie: quelli pubblici, muniti di mandato, e i “mediatori in altre specie di mediazione”, assunti privatamente da chi ne avesse bisogno. Infine nel 1958 venne introdotto l’obbligo di iscrizione al Ruolo della Camera di Commercio con la qualifica di “agenti di affari in mediazione”, foriera delle più moderne professioni di agenti immobiliari e del commercio in genere.
A Napoli, nonostante “’o sanzar’”, come figura professionale, sia quasi del tutto scomparso, è rimasto l’appellativo che, oggi, non identifica più un mestiere bensì un modo di fare e di agire. Se, perciò, vi sentite dire “te si miso ‘e cazette rosse?”, significa che vi state ingegnando per combinare qualche affare o, più spesso, un incontro galante. Di sanzaro, infatti, non ce n’era solo uno: vi era il “sanzaro ‘e noleto” (mediatore di noleggi), il “sanzaro ‘e mare” (intermediario marittimo), il “sanzaro ‘e terra” (intermediario per la compravendita e/o l’affitto di case e terreni) e infine, il più specializzato di tutti, il “sanzaro e’ matremmonie” (procacciatore di matrimoni). Quest’ultimo era anche noto come “cazette rosse” in quanto indossava, come tipico segno distintivo, calze di un color rosso vivo come quelle dei canonici capitolari del Tesoro di San Gennaro, che spesso assumevano il compito di far da mediatori tra i nubendi.
Oggi il sensale, come mestiere ufficializzato, non esiste più. Ma niente paura! Nei quartieri esiste ancora “‘a sanzara”, una vecchia abitante del luogo che conosce tutto di tutti, alla quale rivolgersi per consulenze informali e, perché no, anche consigli di cuore.
Quello napoletano, infatti, è un popolo aperto sì alle innovazioni, ma che non dimentica le origini e la tradizione.
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