Storia della musica napoletana
Il capoluogo partenopeo è da sempre un luogo in cui i suoni e le melodie si mescolano per dar vita ad un’atmosfera unica. Il bel canto e la musica hanno da sempre caratterizzato il popolo napoletano fin dall’antichità. In questo articolo faremo insieme un viaggio nel corso dei secoli per capire come è nata ed è evoluta la musica napoletana.
La musica napoletana: le origini
Lo stesso mito sulla nascita della città chiama in causa il canto e la musica: la sirena Partenope che si scaglia sulle coste dell’Isolotto di Megaride, delusa dal non esser riuscita ad ammaliare con il suo canto Ulisse, dimostra il legame tra Napoli e la melodia sonora. Ma le prime testimonianze storiche della musica partenopea risalgono alla tradizione canora delle lavandaie, dette anche fate. Ad esse infatti si devono i primi canti popolari, tra le più famose c’è Jesce Sole, una vera e propria preghiera al sole, fondamentale elemento per il lavoro delle lavandaie:
Jesce sole, jesce sole
nun te fa’ cchiù suspirà!
Siente mai ca le ffigliuole
hanno tanto da prià?
Molti secoli dopo, sotto il regno di Federico II, fondatore della prima università statale della storia e grande uomo di cultura, si assiste ad un periodo d’oro della musica napoletana. Alla corte del re erano soliti alternarsi numerosi artisti e menestrelli. Durante il XV secolo, quando la lingua napoletana divenne la lingua ufficiale del regno, numerosi musicisti iniziarono a realizzare farse e ballate. Nel XVI si assiste invece alla nascita della villanella, una forma di canzone profana, la cui composizione più importante fu Si li femmene purtassero la spada.
Tra il ‘600 e il ‘700 si diffuse la tarantella, una tipica danza napoletana ballata solitamente in gruppo o in coppia e accompagnata da alcuni strumenti, come ad esempio il tamburello, le nacchere, la tammorra o il putipù. Durante questo periodo, in Europa, si diffuse anche il Melodramma, e a Napoli nacque l’Opera buffa, un genere musicale caratterizzato dall’importanza attribuita all’azione scenica, dalla dotazione sceniche e organici orchestrali ridotti e dal rifiuto del canto virtuosistico.
Tra l’Ottocento e il Novecento nasce poi la canzone napoletana popolare, diffusasi soprattutto grazie alla nascita dei negozi musicali e alle case editrici, tra le quali vi era La Canzonetta, con cui collaborarono molti autori, come ad esempio il poeta napoletano Libero Bovio.
A dare un ulteriore l’impulso alla popolarità del genere musicale furono anche i posteggiatori, musici che suonavano nelle stazioni o nei luoghi al chiuso. La canzone napoletana visse un periodo di forte rinascita dopo la seconda guerra mondiale, grazie ad alcuni grandi interpreti come Sergio Bruni, Roberto Murolo e Renato Carosone, a cui si deve l’esportazione della musica partenopea negli Stati Uniti.
Le grandi canzoni della musica napoletana
Oltre ai grandi classici, come ‘O sole mio e ‘O surdato Nnammurato, ci sono tante altre canzoni che hanno fatto la storia della musica classica napoletana, come ad esempio ‘A vucchella, scritta da Gabriele D’Annunzio nel 1907, a seguito di una scommessa fatta con Ferdinando Russo, il quale riteneva il poeta abruzzese incapace di scrivere versi in napoletano.
In linea generale, anche un soprano lirico o un tenore sovente nella propria carriera interpretano canzoni napoletane, a testimonianza della trasversalità e versatilità di questo specifico genere musicale.
Tra le grandi canzoni che hanno caratterizzato la storia della musica napoletana rientra anche Palomma ‘e notte, una poesia di Salvatore Di Giacomo dedicata a Elisa Avigliano. I due si conobbero nel 1905, quando il poeta aveva 45 anni e la donna 26 anni. Il rapporto tra i due fu molto burrascoso e caratterizzato da numerosi litigi, dovuti soprattutto all’invadenza della madre del Salvatore Di Giacomo. Infatti, solo dopo la sua morte, il poeta decise di sposare la giovane ragazza.
Quando Di Giacomo morì, il 5 aprile del 1934, Elisa Avigliano soffrì molto della scomparsa del suo amato, al punto tale da distruggere tutte le lettere e le poesie che egli aveva scritto per lei. L’unica poesia che si salvò fu proprio la canzone Palomma ‘e notte, musicata nel 1907 da Francesco Bongiovanni. La canzone è stata interpretata da tutti i grandi cantanti napoletani, da Sergio Bruni a Peppino di Capri.
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