Giù le mani dal tesoro di San Gennaro
di Valeria Ausiello
Il Tesoro di San Gennaro, custodito accanto al Duomo di Napoli e alla Cappella del Tesoro, aperto al pubblico dal 2003, è stato estimato come il tesoro più ricco al mondo, ancora più ricco della corona di Inghilterra della regina Elisabetta II e degli zar di Russia, motivo per cui fa gola a molti e adesso, più di tutti, fa gola alla Curia.
Dal ‘600 il Tesoro viene gestito dalla Deputazione della Reale Cappella del Tesoro, un’organizzazione laica composta da 11 importanti famiglie napoletane, espressione sincera del popolo e della nobiltà partenopea. Un organo storicamente laico che ha sempre unito la gente e la fede, la città e la Chiesa, mantenendo, però, integra l’identità cittadina, rappresentando costantemente la comunità e il tesoro che ci appartiene.
Oggi, nel 2016, il decreto firmato dal ministro degli interni Angelino Alfano, minaccia la laicità e la tradizione della Deputazione, mettendo a rischio il forte legame tra la città e il santo.
Il suddetto decreto del ministero consentirebbe l’ingresso di quattro membri della Curia tra i componenti della Deputazione, tra cui il Cardinale Crescenzio Sepe, che così riuscirebbe in un’impresa che nessuno è riuscito a compiere: rompere il carattere laico della Deputazione e insinuarsi nel controllo del Tesoro dopo quattro secoli.
Dopo centinaia d’anni di servizio al patrono, dopo aver superato guerre e rivoluzioni senza aver mai deluso il trattato del 1527, il quale stabiliva che, a seguito della costruzione della Cappella, San Gennaro avrebbe protetto Napoli per sempre, la Deputazione si mostra immediatamente pronta a combattere per ciò che ha sempre sostenuto, a scendere in piazza in prima persona manifestando contro una forma di abuso di potere.
La questione è diventata, velocemente, sociale ma soprattutto virale e, attraverso i social network più famosi, è stato organizzato un flash mob, #giulemanidaltesorodisangennaro, avvenuto sabato 5 Marzo alle 15, davanti al Duomo.
Una manifestazione sentita contro il governo, in cui, centinaia di persone, in segno di protesta hanno legato al cancello della Cappella il famoso fazzoletto bianco che tipicamente si sventola per annunciare l’avvenuto miracolo della liquefazione del sangue del Santo.
I napoletani si sentono scippati di una possibilità, quella di prendersi cura, come sempre, di un patrimonio che appartiene a tutti noi. Il tesoro non è mai stato un bene della Chiesa e del Vaticano, ma è sempre stato amministrato anche nel rispetto delle volontà del mondo curiale senza problemi.
Perché modificare un equilibrio secolare? Perché intaccare una tradizione e un legame tra il popolo e il suo santo patrono?
Sono queste le domande e le motivazioni che spingono la gente a protestare e ad affermarsi in questo scenario, che a tutti costi vuole un cambiamento che però non risulta necessario.
Fino al 4 aprile c’è tempo per fare ricorso, per cui, una volta informati e consapevoli, proviamo a prendere posizione, a muoverci, nel caso, per non subire l’espropriazione di un bene cittadino, del nostro simbolo di fede e aggregazione sociale.
Quando anni fa il Vaticano decise di declassare San Gennaro e cancellare la festività del 19 Settembre dal calendario, di fronte al Duomo di Napoli comparve una scritta : “San Gennà futtitenn!“.
Sento onestamente di rinnovare l’invito e, in nome della fede e della tua città, faj ‘o miracolo.
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